Museo

Ceramica graffita

Al XV secolo risale un nutrito gruppo di reperti di ceramica graffita. Sulla superficie vascolare, precedentemente rivestita di ingobbio, veniva tracciato il motivo decorativo "graffiando" la superficie con una punta sottile o piatta. Successivamente il manufatto, sottoposto ad una prima cottura, veniva dipinto con ossidi coloranti - il verde ramina e il giallo ferraccia - ed infine rivestito da una brillante vetrina trasparente. A questo punto era necessaria una seconda cottura per una perfetta fusione del rivestimento con i colori applicati.

Una tecnica elaborata che implicava oltre all'acquisizione della tecnica da parte del figulo, anche la possibilita’ economica adeguata per produrla. Osservando gli esemplari graffiti, una decisa trasformazione morfologica rispetto alle produzioni smaltate si desume dal rinvenimento di sole forme aperte relative a piatti e scodelle.

Le varianti possono interessare la profondità del cavetto e l'ampiezza della tesa, a cui fa riscontro una ricchezza decorativa che ha permesso di individuare un'alternanza ed una commistione di motivi geometrici, vegetali e più raramente zoomorfi. I moduli decorativi sono eseguiti su ciascuna sezione del manufatto, indipendentemente gli uni dagli altri. Sono rarissimi i frammenti riconducibili a forme chiuse, dato da interpretare presumibilmente con il contemporaneo utilizzo di contenitori di tipo diverso.

La ceramica con decorazione graffita diventerà uno dei prodotti vascolari da mensa maggiormente in uso nel Rinascimento, accanto all’elaborata maiolica, affermatasi con una molteplicità di stili nelle diverse regioni italiane.

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